
Pietro Bianchi, nato nel 1975 a Parma, è avvocato anche se preferisce parlare di sé come viaggiatore e appassionato fotografo e non come frequentatore di tribunali. Tra i molti paesi visitati la Namibia gli è rimasta nel cuore ed il libro “Skeleton Coast – dove il deserto incontra il mare” lo testimonia.
Pietro Bianchi voleva comprarsi un gozzo in legno per andare a fare il bagno con la famiglia lungo il litorale ligure, ma una serie di coincidenze l’hanno portato a trionfare over all nella categoria “classiche” della tappa menorchina del trofeo Panerai appena conclusa. Immaginate un appassionato di viaggi nei deserti della Namibia, un avvocato che preferisce i deserti al foro, che un bel giorno nel 2010 decide, senza aver mai messo piede in barca, di comprarsi un Sangermani del 1967, rimetterlo a posto e cominciare e regatare coinvolgendo quattro cugini, anche loro quasi del tutto estranei al mondo della vela. Un’idea particolare, quella di iniziare da una barca d’epoca, un mezzo che richiede cura ed esperienza, invece che lanciarsi su una barca moderna, facile e comoda.
Il tutto seguendo un serie di interessanti coincidenze: una passeggiata nel porto di Varazze dove scopre lo scafo in legno in uno stato di semi-abbandono “non avevo le idee chiare” mi racconta “cercavo solo una barca in legno, perché è un materiale che amo molto, ma ero completamente estraneo al mondo della nautica, così mi sono fatto consigliare da un amico. Le barche in vetroresina non le ho nemmeno prese in considerazione”; poi la lettura di un articolo del nostro giornale che lo collega a Davide Besana che su quella barca navigava da bambino e che decide di aiutare Pietro nella gestione del Namib (così viene ribattezzata la barca) e nella formazione di un equipaggio che potesse provare a regatare.
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